Dote Sport
20/09/2018 - This post is in: Blog Notizie, Propaganda, Rugby e dintorni, Rugby&Scuola

La Dote Sport è un contributo per sostenere i costi sostenuti per le attività sportive dei minori di età compresa fra 6 e 17 anni compiuti.

Le attività devono:

  • prevedere il pagamento di quote di iscrizione e/o di frequenza;
  • avere una durata continuativa di almeno sei mesi;
  • essere svolte da associazioni o società sportive dilettantistiche iscritte ai registri Coni e/o CIP o affiliate a Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive Associate, Enti di Promozione Sportiva, Federazioni Sportive Paralimpiche, Federazioni Sportive Nazionali Paralimpiche, Discipline Sportive Paralimpiche, Discipline Sportive Associate Paralimpiche o da soggetti gestori di impianti società in house (a totale partecipazione pubblica) di enti locali lombardi.

 

La Dote Sport è destinata ai nuclei familiari:

  • in cui almeno uno dei due genitori (o tutore), sia residente in modo continuativo da almeno 5 anni in Lombardia, alla data di scadenza del Bando;
  • che alla presentazione della domanda siano in possesso di un indicatore ISEE non superiore a € 20.000,00 o non superiore a € 30.000,00, nel caso di nuclei familiari in cui è presente un minore diversamente abile.

Ciascuna famiglia potrà beneficiare di una sola Dote, del valore minimo di 50 e massimo di 200 euro.

Nei casi di nuclei familiari con più di 3 minori, sono assegnabili un numero massimo di 2 Doti.

Nessuna limitazione al numero di doti è prevista in caso di nuclei familiari con un minore diversamente abile.

 

Modalità di accesso:

E’ necessario registrarsi all’applicativo SIAGE di Regione Lombardia collegandosi al sito www.siage.regionelombardia.it

 

Presentazione della domanda:

Dalle ore 12.00 del 17 settembre 2018 alle ore 16.30 del 31 ottobre 2018.

 

Per maggiori informazioni consulta:

BURL N. 36  Serie Ordinaria – Mercoledì 05 settembre 2018 – pag. 8

Alcuni motivi per cui i vostri figli dovrebbero giocare a rugby
10/01/2018 - This post is in: Blog Notizie, Propaganda

Negli ultimi anni il rugby si è molto diffuso, soprattutto tra i bambini. Alla base di questo fenomeno c’è lo spirito educativo che si tramanda insieme alle regole dello sport stesso: il rispetto dell’arbitro, il non lasciare indietro nessuno, la voglia di giocare per divertirsi, la considerazione degli avversari…

Nicola De Cilia, nel suo libro “Pedagogia della palla ovale”, ha analizzato l’aspetto educativo del rugby: “Pochi sport come il rugby sembrano avere a cuore la formazione umana: uno sport che mette insieme il gioco di squadra, il contatto fisico, la velocità, l’agilità e la forza”.

– Tutti (o quasi) in campo

Il rugby negli ultimi anni è cresciuto soprattutto nella fascia d’età che va dall’under 6 fino all’under 12. Probabilmente ad attirare così tanto i bambini è la dimensione di gruppo:  si gioca con 13 giocatori e con un massimo di sei e un minimo di tre in panchina.

Per regola federale tutti partecipano alla partita: una regola molto importante che garantisce il massimo livello di coinvolgimento di tutti i ragazzi, non resta fuori nessuno.

Altra caratteristica del rugby è quella di avere numerosi “ruoli” a cui calzano tutti i tipi di fisico: ogni bambino si identifica in un ruolo in cui sà di essere utile per i suoi compagni e sopratutto apprezzato!
Quello che il bambino può vedere come difetto (pesante, alto, magro…) diventa utile nel gioco per i suoi compagni e per la sua squadra.
Il rapporto statura/peso non risulta essere mai un problema in questo sport e, appunto, aumenta l’autostima del ragazzo che da “inutile” o peggio “scartato” da altri sport diventa improvvisamente cruciale e protagonista nel nostro.

– Sviluppo della sfera psico-sociale:

  • Combattività
  • Controllo dell’aggressività
  • Presenza
  • Comunicazione
  • Disciplina
  • Rispetto
  • Piacere di stare insieme e divertimento

Un aspetto che caratterizza questo sport e lo differenzia, ad esempio, dal calcio, è che nessuno all’infuori del capitano può parlare e tanto meno contestare l’arbitro. Se qualcuno lo fa, la squadra tutta viene penalizzata. Quindi pagano tutti per le intemperanze di uno.

“Essere rugbisti dovrebbe essere un modo per diventare cittadini della Repubblica italiana. Se non educhiamo la base, cosa ci distingue dagli altri sport? In Inghilterra l’attività sportiva e il rugby in particolare è l’attività di base per la formazione prima di tutto del cittadino! Quello che bisogna insegnare ai bambini è il rispetto delle regole e non fregare il prossimo” dice Franco Ascantini, ex pilone della Nazionale di rugby.

– Sviluppo fisico

  • Accelerazione
  • Velocità
  • Lavoro sotto pressione
  • Resistenza

Fino ai 12 anni, nella fase “propaganda” si gioca senza porte, senza mischie, senza “touche” (rimesse laterali),  e con numero ridotto di giocatori, maschi e femmine insieme.

A quest’età la cosa importante è sviluppare gli schemi motori. Per questo l’allenamento consiste nell’insegnare a correre, saltare, rotolare… Si apprendono funzionalità che possono tornare utili in tutte le attività sportive, infatti, si deve mettere in conto che magari un bambino dopo qualche anno voglia cambiare sport.

– Vincere significa giocare bene e non vincere la partita, il ruolo dell’allenatore

Il rugby vuole insegnare ai piccoli che vincere è partecipare. I bambini giocano per divertirsi. Vincere vuol dire assegnare un compito a ciascun bambino e alla squadra e portarlo a compimento, non arrivare primi nel torneo. Uno sport di squadra per bambini che mira solo alla vittoria inevitabilmente sacrifica i piccoli meno dotati.

L’allenatore di rugby, che è anche un educatore, ha cura di ogni bambino e non deve lasciare indietro nessuno.

“Un allenatore deve essere un po’ un modello, verso di lui deve scattare una forma di affettività” dice l’allenatore del minirugby della Benetton Andrea Borghetto, “ma devi essere anche coerente nelle tue parole, decisioni, mai contraddirti, se no i bambini li perdi. Quello che devi far scattare è il senso di appartenenza, che è la cosa fondamentale: l’appartenenza a una maglia, a una squadra, a una società”.

Un bravo educatore deve amare il suo lavoro, deve avere la capacità di coinvolgere tutti i bambini, anche quelli che stanno più lontano, che magari sono incerti. Altrimenti c’è la celebrazione del vincitore e basta. Per questo è importante che gli allenatori abbiano un’ottima preparazione didattica. In Francia e Inghilterra gli insegnanti di educazione fisica sono pagati molto bene perché c’è la consapevolezza di quanto lo sport sia importante nella formazione dei bambini. Purtroppo in Italia non è così” aggiunge Ascantini.

– Priorità assoluta: educare i genitori

Uno dei problemi principali di chi insegna uno sport è l’atteggiamento dei genitori. Nel calcio, per esempio, si è visto che questa presenza può essere molto pesante, soprattutto quella delle mamme. Alcuni studi hanno, infatti, evidenziato che le madri più dei padri aizzano i figli alla competizione, a far meglio degli altri, dando più importanza al risultato che al compito, cioè al mettercela tutta.

Nel rugby fino a pochi anni fa questo fenomeno era sconosciuto, perché la maggior parte dei ragazzini erano figli di ex giocatori che portavano avanti il discorso del “compito”.

Ora, invece, anche nel rugby, con l’arrivo di genitori che non conoscono le basi di questo sport, si sta diffondendo questo malcostume. E arginarlo è la priorità di club e allenatori.

“La prima cosa che ho fatto appena diventato allenatore è stata quella di spostare il luogo dell’allenamento lontano dalla vista dei genitori. Durante l’allenamento, infatti, i bambini giravano la testa più verso i genitori che verso l’allenatore per cercare la loro approvazione. Ho spiegato che allontanavo i bambini per la loro serenità. Il giorno dopo sono arrivati con i cannocchiali…” racconta Walter Durigon, insegnante di scienze motorie e direttore sportivo del minirugby di Mogliano.

Un tentativo di educare i genitori lo sta facendo la Capitolina di Roma. Qui organizzano quattro incontri l’anno con i genitori. “I genitori sono i nostri partner principali nella funzione educativa che vogliamo dare al percorso dei ragazzi, che non è soltanto quello sportivo-rugbistico” spiegano gli allenatori del club.

Il concetto di quello che per i club di minirugby deve essere lo sport  lo riassume bene un cartello messo all’interno della  clubhouse dei Ruggers trevigiani:

“Chi pensa di avere un figlio campione è pregato di accompagnarlo in un altro club”.

 

– Il rugby fa bene ai  bambini difficili e non solo

Il rugby è uno sport che sta sostenendo molti progetti di solidarietà.

A Treviso un’insegnante delle scuole medie ha proposto di portare alla Tarvisium (la squadra locale) alcuni ragazzi con difficoltà caratteriali e il risultato è stato eccezionale: “Abbiamo visto che con il rugby questi ragazzi miglioravano anche il comportamento a scuola.

Ma di esempi di rugby benefico ce ne sono tanti, tra cui la squadra “Mud Mad Star” che aiuta i pazienti psichiatrici o la RugBio di Abbiategrasso. Quest’ultima è un esempio di buona integrazione: raccoglie i bambini di un quartiere ghetto di Abbiategrasso, bambini emarginati, che vivono in situazioni di disagio. E giocando gli si dà una possibilità. Attraverso un percorso di crescita ed educazione si superano i pregiudizi. E alla fine della partita si fa festa con cibi etnici e biologici.

– Non solo maschi, il rugby femminile

Anche le donne sono sempre più presenti, soprattutto nel minirugby. Poi diminuiscono intorno ai 14 anni: questo perché fino all’under 12, maschi e femmine giocano assieme, poi si dividono e non sempre ci sono i numeri per fare una squadra tutta femminile.

È un fenomeno che va incoraggiato, anche perché le bambine da piccole sono molto più portate allo sport dei maschi e si appassionano molto. Inoltre ad alti livelli il rugby femminile è più tecnico, essendo meno di forza, ed è quindi molto più interessante.

“Da parte dei genitori c’è il timore che per una femmina sia uno sport troppo violento e fisico, ma lo scontro fisico è regolato. Proprio perché è uno scontro può invece aiutare a dare sicurezza e superare la paura del contatto, soprattutto per le ragazzine che hanno paura a esprimere la propria fisicità o, come spesso succede, ne sono inibite dalle convenzioni sociali” spiega Erika Marangoni allenatrice e mediano di mischia.

– Il terzo tempo: non ci sono nemici

E’ un fenomeno unico nel panorama sportivo. il terzo tempo è il momento conviviale del dopo partita. E nel minirugby è ancora più importante: i bambini fraternizzano con gli avversari e i genitori fanno amicizia. Ognuno porta da mangiare e si fa una vera festa. Con il terzo tempo il rugby insegna ai piccoli che le partite sono un gioco, dove ci si impegna ma soprattutto ci si diverte nel rispetto degli avversari. Ecco perché il rugby educa a essere cittadini democratici.

– Non è uno sport pericoloso, insegna a cadere senza farsi male

Abbiamo chiesto ad Attilio Turchetta, responsabile di medicina dello sport all’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, se il rugby può avere delle controindicazioni.

“Il rugby è un gioco di contatto sia con il terreno sia con l’avversario, quindi il rischio di traumi c’è, ma non più che in altri sport. Il rugby che vediamo in tv, con le sue azioni spettacolari, non è certo quello che si insegna ai bambini. Nel mini rugby le situazioni più rischiose non sono previste e sono vietate dal regolamento: non c’è la mischia.

Inoltre spiegano ai piccoli come cadere senza farsi male. E questo è molto importante per i bambini d’oggi che stanno dimenticando come si cade. I nostri piccoli si muovono talmente poco: non corrono, non giocano in cortile, non si sbucciano mai le ginocchia… E di conseguenza non imparano nemmeno a cadere. Tutte azioni fondamentali per il loro sviluppo psicomotorio”.

– Da che età il rugby si fa più tosto?

“Diciamo che dai 12 anni con l’aumento della prestanza fisica dei ragazzi il gioco si fa più vivace. Ma anche a questa età il livello di traumi non è certo superiore a quello di altri sport di squadra come il calcio. Anzi, in quest’ultimo i traumi articolari sono decisamente maggiori. Anche i colpi in testa (oggi “indagati” dalla medicina per essere potenzialmente dannosi) non sono più frequenti che in altri sport, addirittura le pallonate di testa del calcio sono molto più rischiose, tanto che negli Stati Uniti le vorrebbero vietare fino ai 12 anni. Il rugby, al contrario di di altre discipline, insegna anche a parare i colpi, e quindi ad attenuarne la portata.

Qualsiasi bambino o bambina, può dedicarsi senza problema al rugby; non è nemmeno richiesto un fisico particolare perché in una squadra c’è posto per tutti: dai robusti, agli agili e mingherlini!”

 


Cosa insegna a mio figlio

Si dice che il Rugby sia una scuola di vita, ed e’ vero”.
Chi gioca a Rugby impara a rispettare i compagni, gli avversari, e di conseguenza, se stesso; impara insomma a diventare un uomo, e questo non e’ cosa da poco.
“Si dice che il Rugby sia uno sport democratico, ed e’ vero”.
Provate ad entrare in uno spogliatoio e ve ne renderete conto immediatamente: grandi, piccoli, alti, magri, enormi, tutti che si cambiano insieme; Questo vuol dire dare una opportunità, vuol dire che c’e’ un ruolo adatto a chiunque,questo non e’ poco.
“Si dice che a Rugby non possono giocare tutti, ed anche questo e’ vero. “
Chi gioca a Rugby deve essere coraggioso, deve saper prendere una decisione, deve essere sempre leale, deve aiutare un compagno in difficoltà a costo di un grande sacrificio, e questo non e’ da tutti.
Il rugby insegna al bambino la “collaborazione” e lo spirito di sacrificio !
Appena un bambino vede la palla in genere non la prende a calci ma la esplora con le mani la osserva e la lancia con le mani. E’ naturale che poi impari a correre con la palla in mano una volta che gli viene spiegato il gioco.
Attraverso il gioco, l’allenamento e la competizione il bambino affina le sue potenzialità atletiche individuali (IO) e impara a collaborare con i compagni e gli avversari (ALTRI) per raggiungere la meta. Di fatto sviluppa quella problematica educativa (IO-GLI ALTRI) attraverso lo sport e la competizione rafforzando l’idea che alcuni obiettivi (PROGETTO META) che da solo non potrebbe raggiungere li può raggiungere con i suoi compagni.

E’ PERICOLOSO giocare a rugby ?
Il rugby è uno sport di contatto e come tale un bambino che effettua tale sport si abitua al contatto fisico con altri bambini e con il terreno di gioco migliorando in questa maniera la conoscenza del suo corpo e l’autocontrollo. Proprio l’abitudine al contatto fisico permette ai giocatori di evitare traumi (ad esempio rotolando quando si cade piuttosto di assorbire l’urto) e di comprendere meglio l’effetto di spinta su un compagno di gioco (molto più pericolosa nel bambino che non è abituato a dare e ricevere spinte).
Il contatto fisico da anche maggiore “sicurezza” al bambino che sa meglio affrontare e gestire i rapporti interpersonali.
Un aspetto importante, ritenuto altamente educativo, è che solo il bambino che porta la palla può essere placcato: questo innesca il principio di responsabilizzazione del bambino che ogni volta che tocca la palla sa che gli altri bambini la possono “rubare” o lo possono spingere per terra (il placcaggio è un gesto tecnico tipico di una età più adulta).

 

Quale IMPEGNO FISICO deve sostenere il bambino ?
L’impegno fisico (in particolare lo sforzo cardiovascolare) è identico a quello di altri sport di squadra la differenza è legata all’abitudine al contatto fisico.
La preparazione fisica del giocatore deve essere impostata per sviluppare le capacità di coordinamento, il bambino deve essere in grado di correre, spingere, saltare e deve avere una buona destrezza per scartare gli avversari.

Sitografia:

https://www.nostrofiglio.it/
http://minirugby.rugbylainate.it/
https://www.ruck.co.uk/15-reasons-why-children-should-play-rugby-union/
http://www.usromarugby.it/
https://i2.wp.com/www.rugbysanvito.it

MondOvale 2016 – Raggruppamento 2H Scorpions
05/06/2016 - This post is in: Blog Notizie, MondOvale 2016, Propaganda

Ecco uno piccolo spazio per piccoli bimbi, ma grandi campioni: i ragazzi della 2H Scorpions, che hanno onorato il campo e la festa di MondOvale 2016 prendendo alla fine anche il meritato applauso per la stagione appena trascorsa.

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MondOvale 2016 – Fase finale progetto Rugby & Scuola
03/06/2016 - This post is in: Blog Notizie, MondOvale 2016, Propaganda, Rugby&Scuola

Grazie alla clemenza del tempo si è tenuto oggi il torneo finale del progetto Rugby & Scuola.

Il Rugby Valle Camonica è impegnato come club tutor di molti enti scolastici che negli anni sono nati e vivono lungo tutta la valle e da quest’anno anche sulle sponde del Sebino bresciano.

Un grazie a quanti hanno collaborato durante tutto l’anno, in particolare ai docenti e dirigenti dei plessi coinvolti.

Di seguito il momento delle premiazioni nel quale Nicola “Satana” Fantato, operatore del Rugby Valle Camonica e vero trascinatore, consegna il premio che come tutti gli anni rimarrà nella scuola vincente per poi ritornare in palio l’anno successivo.

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MondOvale 2015 – Fase finale progetto scuole
22/05/2015 - This post is in: Blog Notizie, MondOvale 2015, Propaganda, Rugby&Scuola

Venerdì si è tenuta la fase finale del torneo delle scuola.

Ricordiamo che il Rugby Valle Camonica con il progetto Rugby&Scuola entra in contatto ogni anno con quasi 4000 ragazzi di età compresa dalla prima elementare alla quinta superiore.

Grande soddisfazione per questo torneo che, nonostante il clima, ha registrato una buona partecipazione sia maschile che femminile.

Un ringraziamento particolare a tutti coloro che hanno partecipato all’organizzazione della manifestazione e in particolare ai docenti, arbitri, Nicola nonché a tutti coloro che hanno preparato la merenda.

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Torneo scuole fase finale edizione 2013
24/05/2013 - This post is in: Blog Notizie, MondOvale 2013, Propaganda, Rugby&Scuola

A causa del maltempo la fase finale del torneo delle scuole è rinviata.

 

Ecco come si presentavano le cime dei monti la mattina di venerdì 24 maggio 2013

Pubblicazione DarfoSport 2011/2012
09/01/2012 - This post is in: Blog Notizie, Propaganda, Rassegna stampa, Rugby&Scuola

A seguito accordo con tutte le associazioni sporvite che operano nelle scuole del Comune di Darfo Boario Terme ed i circoli didattici Darfo 01 e Darfo 02 è stato studiato e successivamente stampato una pubblicazione con la presentazione dei club che operano sul territorio e che, a vario titolo, entrano nella scuola.

Il libretto è stato stampato in 2585 copie.

Gli opuscoli, per un totale di 1680 copie, sono stati consegnati nei plessi di:
– Gianico ( Elementari e Medie)
– Pellalepre
– Darfo ( elementari, medie e distaccamento)
– Angolo Terme ( Elementari e Medie)
– Gorzone
– Boario
– Erbanno
– Angone
– Boario ( Elementari e Medie )

Altre 100 copie sono state consegnate al Comune di Darfo Boario Terme e Provincia di Brescia che ne avevano fatto richiesta.

Le rimanenti 855 copie sono state fornite alle 19 associazione sportive che hanno partecipato al progetto.

Il progetto, coordinato da Carlo Sangalli, a cui va il nostro ringraziamento, ha avuto una grande eco tanto da esser stato ripreso dai media locali:
– Teleboario
– PiùValliTv
– BresciaOggi

Riportiamo di seguito l’estratto relativo al Rugby Valle Camonica.

 

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